Giurisprudenza

Tribunale di Modena, rel. Conte V., ordinanza del 26 febbraio 2021
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha statuito che è discriminatorio il rifiuto di concedere l’assegno per il nucleo familiare sul presupposto che coniuge e prole non siano residenti in Italia, dovendosi invece computare nel nucleo familiare anche il coniuge ed i figli residenti all’estero. Con la sentenza del 25.11.2020-causa C-303/19, la Corte UE ha sancito: “L’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro in forza della quale, ai fini della determinazione dei diritti a una prestazione di sicurezza sociale, non vengono presi inconsiderazione i familiari del soggiornante di lungo periodo, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), di detta direttiva, che risiedano non già nel territorio di tale Stato membro, bensì in un paese terzo, mentre vengono presi in considerazione i familiari del cittadino di detto Stato membro residenti in un paese terzo, qualora tale Stato membro non abbia espresso, in sede di recepimento di detta direttiva nel diritto nazionale, la propria intenzione di avvalersi della deroga alla parità di trattamento consentita dall’articolo 11, paragrafo 2, della medesima direttiva.”
La norma nazionale si pone in contrasto con il principio di parità di trattamento sancito dal diritto comunitario, quindi va disapplicata dal giudice nazionale.

Sentenza n. 24471 del 18 novembre 2014 – Corte di cassazione – Sezione III civile
Per la Cassazione il lavoro domestico non è prerogativa delle donne: il marito che non può svolgere lavoro domestico, per lesioni derivanti da un incidente stradale, ha diritto al risarcimento.

Sentenza n. 4618 del 10 settembre 2014 Consiglio di Stato
Il padre lavoratore può usufruire dei riposi giornalieri di congedo parentale anche se la moglie è casalinga

Sentenza 25 agosto 2014 – Tribunale di Messina
Riconosciuta la tutela d’urgenza alla lavoratrice part-time alla quale il datore di lavoro voleva imporre una variazione di orario che le avrebbe impedito di mantenere un altro impiego. La disciplina sul contratto di lavoro a tempo parziale (d.lgs. 61/2001) prevede chiaramente il diritto del lavoratore alla programmazione e stabilità degli orari nei quali è collocata la sua prestazione e pone limiti precisi all’utilizzo delle c.d. clausole elastiche e flessibili (ovvero le clausole che consentono all’impresa di modificare gli orari del part-time sia nella loro collocazione sia nella loro estensione). La stabilità dell’orario, in assenza di tali clausole, ha la finalità di tutelare gli interessi per i quali la lavoratrice o il lavoratore ha accettato l’impiego part-time, consentendogli di coltivare impegni personali o mantenere un altro lavoro al fine di integrare il proprio reddito. Nel caso specifico, l’ imposizione unilaterale e illegittima delle variazioni di orario avrebbe impedito alla lavoratrice di rispettare gli impegni assunti nell’ambito di un altro rapporto di lavoro, ritenendo così sussistenti i presupposti per una tutela in via cautelare. (Fonte: Wikilabour.it)

Ordinanza 6 agosto 2014 – Tribunale di Bergamo
Tiene una condotta discriminatoria il noto avvocato che dichiara ad una trasmissione radiofonica che nel proprio studio professionale non vuole assumere omosessuali. Il Tribunale di Bergamo ha accolto il ricorso, nell’ambito di un procedimento civile contro le discriminazioni ex art. 28 d.lgs. 150/2011 proposto da un’associazione impegnata per il rispetto dei diritti delle persone omosessuali nei confronti di un famoso avvocato che, intervistato nella trasmissione radiofonica “La zanzara”, aveva ripetutamente affermato di non volere impiegare omosessuali nel proprio studio, e di stare bene attento a tale profilo nella cernita dei collaboratori. Il Giudice, respingendo le difese del Legale che affermava il carattere astratto di tali affermazioni, e la loro riconducibilità alla libertà di pensiero, ne ha invece riconosciuto il carattere discriminatorio diretto, tale da peggiorare la condizione delle persone omosessuali sul mercato del lavoro. Il Legale è stato condannato a pubblicare a sue spese il provvedimento su un quotidiano nazionale e al risarcimento del danno, anche in funzione sanzionatoria e dissuasiva di tali condotte. (Fonte: Wikilabour.it)

Ordinanza n. 183 del 30 giugno 2014 – Tribunale di Verbania
Il giudice dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 72 del D.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 nella parte in cui tale norma non prevede il diritto della libera professionista, che abbia adottato un bambino a seguito di adozione nazionale, a percepire l’indennità’ di maternità anche se il minore ha superato i sei anni.

Sentenza 28 gennaio 2014 – Tribunale di Monza – Sezione Lavoro
Il giudice dichiara discriminatorio il comportamento di un Comune e conseguentemente dell’INPS che ha negato l’assegno di maternità ad una donna straniera e alla sua bambina, avuta da convivente italiano, per “carenza di titolarità del permesso di soggiorno CE ai sensi del D.lgs. 3/2007”, trascurando il fatto che era arrivata in Italia con permesso di soggiorno per motivi di lavoro nel 2002, che questo le era sempre stato rinnovato, e che le norme applicate erano in contrasto con le pronunce della Corte di Cassazione nel frattempo intervenute.

Sentenza 19 dicembre 2013 n. 28320 – Corte di Cassazione – Sezione Lavoro
Il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile può scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio non solo all’inizio del rapporto lavorativo, bensì anche con la domanda di trasferimento effettuata in corso di rapporto.

Corte di cassazione – Sezioni unite civili – Sentenza 11 settembre 2013 n. 20815
Magistrata, madre di 3 bambini, sanzionata a causa di un ritardo nel deposito di sentenze e ordinanze. Sanzionata con la censura, la Corte annulla ordinando al CSM una indagine sulla condizione organizzativa dell’Ufficio dove svolgeva le funzioni di magistrato.

Sentenza del 20 marzo 2013, n. 10180 – Corte di Cassazione – Sezione Lavoro
La Corte di Cassazione si esprime a favore della lavoratrice in quanto la mancata presentazione preventiva della documentazione non comporta conseguenze sulla misura dell’indennità di maternità. La decisione dell’Inps di ridurre l’indennità da cinque a quattro mesi complessivi non ha fondamento legislativo “e si risolve in una sanzione, a carico della lavoratrice, estranea alle regole e alle finalità della normativa a tutela delle lavoratrici madri”.

Sentenza del 22 novembre 2012, n. 257 – Corte Costituzionale
Sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 64, comma 2, del D.lgs. 151/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, prevede l’indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi.

Ordinanza 19 novembre 2012 – Tribunale di Bologna
Il Tribunale di Bologna ha ordinato il reintegro nel posto di lavoro di una lavoratrice alla quale, per chiusura di un “presunto” ramo d’azienda era stato proposta la modifica dell’orario di lavoro, con passaggio a full-time. Il rifiuto della lavoratrice ha causato il licenziamento della medesima che ora il giudice reintegra, giudicandolo in violazione dell’art. 5 del D.lgs. 61/2000.

Sentenza dell’11 novembre 2012, n. 22659 – Corte di Cassazione – Sezione Lavoro
Le molestie fisiche e verbali hanno effetti lesivi per la dignità della lavoratrice. Tale comportamento non è adeguato né giustificabile, soprattutto per chi si trova in una posizione gerarchicamente superiore, La S.C. conferma il risarcimento danni.

Sentenza del 09 novembre 2012 – Tar Piemonte
Il Tar del Piemonte ha accertato il diritto a fruire dei permessi di cui all’art. 40 comma 1 lettera c) del D.lgs. 151/2001, ad un carabiniere n servizio presso un Comando Provinciale, padre di otto figli. A sostegno del padre è intervenuta in giudizio ad adiuvandum la Consigliera di Parità della Provincia di Cuneo

Sentenza 05 novembre 2012, n. 18927 – Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione afferma che se il lavoratore in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore e dei colleghi di natura vessatoria pur in assenza di mobbing, il giudice del merito è tenuto a valutare se alcuni dei comportamenti denunciati pur non essendo accomunati dal medesimo fine persecutorio, possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e, come tali, siano ascrivibili alla responsabilità del datore di lavoro.

Sentenza del 25 ottobre 2012, n. 18287 – Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha statuito un principio interpretativo in materia di computo dei lavoratori a tempo parziale ai fini della determinazione della base occupazionale e della conseguente sussistenza della tutela reale. ha chiarito che ai fini del computo i lavoratori a tempo parziale andranno considerati in funzione dell’orario effettivamente svolto, non risultando necessario applicare il criterio di arrotondamento per la frazione di orario che eccede il numero intero.

Sentenza del 2 ottobre 2012, n. 16746 – Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, Sezione lavoro, ha affermato la legittimità del licenziamento della lavoratrice madre in astensione facoltativa che non invia la richiesta di congedo all’Inps e per conoscenza al datore, così come stabilito dallo stesso decreto legislativo n. 151/2011.

Sentenza del 21 settembre 2012, n. 36332 – Corte di Cassazione
Il datore di lavoro aveva prospettato alla lavoratrice, al rientro dal periodo di astensione obbligatoria per maternità, di farla lavorare in condizioni invivibili in un posto degradato a meno che non accettasse di dimettersi o di prolungare il periodo di assenza con l’astensione facoltativa, retribuita con il 30% dello stipendio corrisposto dall’ente previdenziale. La lavoratrice si era opposta, denunciando l’azienda per tentata estorsione. Il reato è poi stato derubricato a tentata violenza privata (peraltro poi caduto in prescrizione, ma con conferma delle statuizioni civili).

Sentenza dell’8 settembre 2012, n. 177 – Tribunale di Pistoia, Sezione Lavoro
Il Tribunale di Pistoia riconosce la legittimazione delle Consigliere Regionali di Parità ad agire autonomamente in giudizio in materia di discriminazioni di carattere collettivo a tutela del principio di non discriminazione per motivi di genere quale interesse pubblico leso dalle molestie sessuali subite dalle lavoratrici. Inoltre, premesso il carattere collettivo delle discriminazioni accertate in corso di causa, il Tribunale, oltre a liquidare il danno non patrimoniale provocato dalla lesione del principio di non discriminazione, condanna il convenuto a notificare la sentenza anche alle lavoratrici non costituite in giudizio, con contestuale avviso della loro facoltà di agire per ottenere il risarcimento delle lesioni patite.

Sentenza del 5 settembre 2012, n. 14905 – Corte di Cassazione
Sentenza con la quale la Corte di Cassazione dichiara legittimo il licenziamento della lavoratrice che al termine del congedo di maternità non rientra in servizio adducendo come motivazione il mancato pagamento di una mensilità di retribuzione.

Sentenza del 17 luglio 2012, n. 256Sentenza del 17 luglio 2012, n. 257 – TAR di Bolzano
Sentenze che dichiarano sia la legittimazione per le consigliere di parità ad essere parte attiva e ad impugnare non solo i provvedimenti, gli accordi o i comportamenti discriminanti di carattere collettivo in relazione a controversie di lavoro in senso stretto, bensì tutti i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti di carattere collettivo riguardanti la progressione professionale e politico-sociale, sia l’illegittimità della costituzione di un CdA esclusivamente maschile di un azienda di pubblica partecipazione.

Sentenza del 11 luglio 2012, n. 11676 – Corte di Cassazione
Sentenza che convalida le dimissioni rassegnate dal lavoratore padre entro il primo anno di vita del bambino in quanto il lavoratore non ha usufruito dei congedi parentali e l’azienda non era in alcun modo a conoscenza della nascita del figlio.

Sentenza del 21 giugno 2012, n. 3670- Consiglio di Stato, Sezione V
Il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimi gli atti con i quali il Presidente della Regione Lombardia ha nominato come assessori della Giunta quindici componenti di sesso maschile ed uno solo di sesso femminile, ed ha ritenuto di annullare i suddetti provvedimenti per violazione del principio delle c.d. “quota rosa”.

Sentenza del 4 aprile 2011, n. 116 – Corte Costituzionale
Sentenza che dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 16, lettera c), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 nella parte in cui non consente, nell’ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d’ingresso del bambino nella casa familiare.

Sentenza del 15 febbraio 2011, n. 179 – Tribunale di Firenze
in merito all’esclusione dai compensi incentivanti la produttività per alcune lavoratrici che per aver diritto al premio dovevano sempre garantire una presenza minima in servizio pari a 70 giorni, anche nel caso in cui l’astensione si riferisse ai periodi di maternità obbligatoria. Il Tribunale ha dichiarato illegittima tale condotta.

Sentenza del 10 settembre 2010 – Tribunale di Prato
Costituisce discriminazione diretta di genere il rifiuto da parte della pubblica amministrazione di stipulare un contratto a termine nei confronti di candidata risultata idonea in base a graduatoria, determinato dallo stato di gravidanza di quest’ultima

Sentenza del 16 novembre 2009, n. 1169 – Tribunale di Firenze
Sentenza che riconosce il diritto del padre lavoratore ad ottenere l’indennità di maternità per l’intero periodo di astensione obbligatoria a cui avrebbe avuto diritto la madre

Sentenza del 16 aprile 2009, n. 16031 – Corte di Cassazione
Sentenza che riafferma il diritto delle Consigliere di Parità a costituirsi parte civile nei processi penali relativi ai maltrattamenti sul lavoro.